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Perché il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise è il migliore esempio di comunicazione sui grandi carnivori oggi in Italia?

sabato 18 Dicembre 2021

sabato 18 Dicembre 2021

Fin dalla sua istituzione il PNALM si è occupato della gestione della fauna presente all’interno del suo territorio, con particolare attenzione ad alcune delle specie simbolo che lo abitano, come il lupo, il camoscio Appenninico o l’orso bruno marsicano, una sottospecie unica al mondo che ad oggi vive solo nel territorio del parco e nelle aree limitrofe, con qualche esemplare maschio che occasionalmente si spinge altrove, muovendosi attraverso la dorsale montuosa che si sviluppa da nord a sud nel nostro paese.

Ad oggi di orsi in vita ne restano meno di 60, esponendo così ad un futuro incerto la conservazione di questa specie che oggi è minacciata da molti punti di vista.
In nome della salvaguardia, durante gli anni sono molte le sfide che il parco d’Abruzzo ha dovuto fronteggiare, legate sia alla sfera sociale, sia a quella della conservazione, e tra queste, quella degli orsi confidenti o abituati al cibo di origine umana sembra essere quella più complessa.

Tra queste rientra a pieno titolo la storia di Juan Carrito, orso maschio di circa due anni figlio dell’orsa Amarena che nell’ultimo periodo si è reso protagonista di diversi episodi a suo carico: incontri ravvicinati con l’uomo, presenza stabile nei paesi, alimentazione su rifiuti e perfino incursioni all’interno di pasticcerie.
La gestione di un orso in queste condizioni è sicuramente affare complesso e come associazione crediamo che il PNALM abbia al suo interno dei professionisti altamente specializzati per trovare le scelte gestionali più adatte a fronteggiare questi innumerevoli problemi.
In questi mesi in molti hanno appoggiato o criticato (spesso a vanvera sui social) queste scelte gestionali ma come associazione noi crediamo che la cosa migliore da fare sia quella di supportare in toto le scelte prese dal PNALM e dai professionisti che ci lavorano, approvando il loro operato in un contesto non facile e con infinite variabili, tipiche nella gestione di un animale “sociale” come l’orso bruno.

L’argomento sul quale invece vogliamo soffermarci è la modalità con la quale il parco ha, fin dall’inizio della storia, comunicato al grande pubblico questa vicenda.
In generale andrebbe sottolineato che di recente su molti temi il parco ha avviato una comunicazione eccellente, sfruttando i social network e il web in generale con grande professionalità, ma quello dell’orso resta ad oggi il fiore all’occhiello.
Fin dall’inizio la comunicazione su Juan Carrito e sulle sue “scorribande” è stata guidata dalla trasparenza, un qualcosa che purtroppo nel nostro paese, quando si parla di grandi carnivori, è davvero latente.
Troppo spesso non conosciamo nulla delle scelte gestionali che riguardano lupi, orsi e altre specie, oppure siamo costretti ad apprendere decisioni complesse da stringati comunicati stampa senza alcun dettaglio.
Di tutt’altro spirito lo storytelling costruito in questi mesi dal parco nei confronti di J.C., offrendo a tutti, appassionati e semplici cittadini, uno spaccato chiaro di quello che stava succedendo, delle problematiche riscontrate e delle scelte, a volte anche difficili, che si è scelto di prendere.

Eppure c’è da dire che l’approccio del Parco non dovrebbe fare notizia, ma essere la normalità e che non dovremmo prenderci la briga di raccontarlo come qualcosa di eccezionale

eppure, molte istituzioni che oggi lavorano sui grandi carnivori, dovrebbero imparare da quanto il Parco d’Abruzzo sta facendo, nel raccontare giorno dopo giorno il proprio operato, ma sopratutto nel comprendere come questo sia un ingrediente fondamentale per far capire a tutti quelle che possono essere le difficoltà incontrate e come risolverle: per citarne una, quella della gestione dei rifiuti nei paesi e l’impatto sugli orsi, problematica che decade dalle competenze del parco e che invece dovrebbe essere responsabilità dei comuni che hanno il dovere di gestire la questione in maniera corretta e di educare i propri abitanti nel modo migliore di affrontarla.
D’altronde non sono molti i comuni che hanno la caratteristica di ospitare una sottospecie di orso unica al mondo, per questo certi interventi sui rifiuti dovrebbero essere una priorità.

Inoltre crediamo sia importante sottolineare come il sentimento che dentro ognuno di noi risvegliano questi grandi animali, nel bene e nel male, sia il miglior ingrediente per raccontarli e per creare una base di conoscenza utile alla convivenza con essi.
E’ dovere di ogni istituzione o associazione comprendere come sia necessario raccontare a tutti la vita, le vicende e i problemi di questi grandi predatori.

La storia di Juan Carrito è solo un esempio, e dal nostro punto di vista il parco sta facendo altre grandi cose, come decidere di appoggiare il magnifico progetto “L’orso e la formica” del quale si dovrebbe sicuramente parlare di più (andate a visitarlo) o di coinvolgere nella gestione delle problematiche l’associazione Salviamo L’orso che da anni lavora al fianco di molti per garantire un futuro migliore all’orso marsicano.

Concludendo, ad oggi non sappiamo quale futuro aspetta Juan Carrito, e dal nostro punto di vista appare davvero complesso immaginare un epilogo che lo veda vivere nei boschi, nell’isolamento tipico della sua specie, senza troppe intromissioni nel nostro mondo, eppure, grazie al lavoro del parco vogliamo crederci anche noi e sperare che, come accaduto in altri casi, l’orso prenda la sua strada in maniera definitiva.

Viceversa, anche nel peggiori degli epiloghi, che includono la possibilità di essere abbattuto o rinchiuso a vita in un recinto, sappiamo che il Parco d’Abruzzo non solo le ha provate tutte per riportare l’orso sulla “retta via”, ma ci ha reso partecipi, giorno dopo giorno, per comprendere a fondo tutto quello che si è scelto di fare: da una parte informandoci, dall’altra provando a responsabilizzarci per farci capire come la storia di Juan Carrito ci appartenga.
Nostre le scelte gestionali,  nostre le colpe se un animale selvatico dal forte valore simbolico come l’orso bruno decide di uscire dal suo emisfero per avvicinarsi, irragionevolmente, a quello dell’uomo.

Foto in evidenza di Valentino Mastrella – Archivio PNALM